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La Strage di Bologna

42 anni dopo, per non dimenticare

Il mio ricordo del 2 agosto 1980 è quello del primo viaggio che ho intrapreso “da persona grande”. Mia sorella Vanda, molto maggiore d’età di me, aveva convinto mamma e papà a scortarmi, con la promessa di farmi da guardian angel, per i 1.300 km circa che separano Milano da Reggio Calabria, per una vacanza in tenda, in campeggio. Avevo 9 anni allora e, la meta più esotica, era stata il Trentino Alto-Adige. Neppure a dirlo, già a metà strada reclamavo le attenzioni di mia madre lontana. 

SOPRAVVISSUTI

Il viaggio fu infinito e caldissimo, in una FIAT 127 rossa, dove ci si stava comodi in tre e sia viaggiava, ebbene sì, in cinque. Insomma, una vera avventura. Ma, seppur bambina, ho una memoria precisa del terrore che invase tutti quando la radio annunciò che alle 10.25 una bomba a tempo, posizionata in una valigia abbandonata della sala d’aspetto della seconda classe della Stazione Centrale di Bologna, era esplosa, uccidendo 85 persone e ferendone oltre 200, tra le quali molte erano famiglie intere. 

La considerazione degli adulti che viaggiavano con me in automobile è stata una sola: anche noi, se last minute avessimo deciso di utilizzare il treno al posto dell’automobile, ci saremmo trovati all’altezza di quella stazione, a quell’ora, in una tratta di strada che da Milano transita per Bologna e porta al Sud Italia. Nel silenzio dell’orrore ci considerammo dei sopravvissuti. 

L’INFERNO SULLA TERRA

L’Italia mostrava ancora le ferite, sanguinanti, causate da stragi ed omicidi di stampo politico negli Anni di Piombo, dalla recrudescenza della Mafia e delle cosche della malavita e, non ultimo, il colpo di coda di una crisi economica che aveva provato il Paese. L’ordigno alla Stazione Centrale della dotta ed elegante Bologna era l’ennesimo avvertimento dell’orrore infinito: i gruppi eversivi che volevano destabilizzare l’ordine costituito non si sarebbero fermati davanti a nulla. Eccone la macabra prova. La bomba provoca il crollo di un’ala della stazione, seppellendo di detriti il treno Ancona-Chiasso che stazionava al primo binario. 

Al boato, udito a chilometri di distanza, lascia spazio uno scenario dantesco. Corpi senza vita sepolti dalla polvere, uomini, donne e bambini, molti bambini, agonizzanti. Allo sconforto fa seguito la teoria degli aiuti immediati e delle sirene, di polizia, vigili del fuoco e mezzi di pronto soccorso, che si attiva in poco tempo. Oggi, chi transita dalla stazione, può ancora vedere lo squarcio lasciato dalla bomba ed una larga che reca i nomi di tutte e vittime. Una Spoon River italiana. 

ANCORA SENZA MANDANTI

Anni dopo, ben 42, i mandanti della strage non sono ancora stati identificati! I neofascisti del NAR Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, gli esecutori materiali dell’attentato, sono stati condannati all’ergastolo, anche se si sono sempre dichiarati innocenti. Una delle azioni di terrorismo più gravi del secondo dopo guerra, in Italia, non ha ancora rivendicato le menti diaboliche che lo hanno pianificato e commissionato. Solo figure che hanno depistato le indagini.  L’Italia piange ancora quelle morti innocenti. Quelle persone che si trovavano nell’agosto del 1980, per sorte, nel luogo della loro morte invece che in un’istante felice in previsione delle vacanze estive.  Il nostro omaggio, piccolo ma profondo, va a loro e alle loro famiglie. Vivono, sempre, in noi.

SULL'AUTORE

Io sono Barbara Benzoni. Sono Italiana, milanese, romana di adozione, toscana per passione, americana per devozione alla terra del coraggio e delle novità: gli USA. Sono la mamma entusiasta di Peter e la compagna felice di Ale. Il cinema, l’arte, il buon cibo e solo le cose belle sono il tema della mia esistenza. La laurea in lettere mi ha insegnato a liberare la mente, il master in management dello sport a imbrigliare le mie passioni, trasformandole in un lavoro.Anche lo sport è una delle passioni imprescindibili della mia vita. Da oltre 25 anni organizzo eventi sportivi, partecipo a grandi competizioni sportive internazionali e le racconto al grande pubblico. Ho avuto la fortuna di conoscere grandi campioni dello sport, artisti e registi di cinema, manager e politici. Ma la curiosità per il quotidiano e le persone dall’anima semplice sono il mio driver. Il mio motto è una frase di Mohammed Alì: “It’s not bragging if you can back it up” cioè “Non è vantarsi se lo puoi realizzare”. Da grande vorrei diventare una fotografa famosa. Da grande!

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